Il giorno in cui le strade del pisano e del veneziano si incrociarono fu segnato dalla sorte. Vi furono innumerevoli segni premonitori e uno di essi si presentò sotto forma di una bella merda, senza dubbio umana, nella quale il pisano, arrampicatosi sul tetto del Palazzo del Mare grazie alla propria audacia e alla negligenza dei guardiani, affondò generosamente la scarpa.
1298, Genova. Rustichello da Pisa, escrivain du Roi, come ama definirsi, è da 14 anni prigioniero dei genovesi dopo la battaglia della Meloria; lui, un tempo amanuense di corte, è avvilito nel suo lavoro di scriba per gli uffici contabili e giudiziari del Porto.
Da 14 anni aspetta e spera la libertà, il riscatto, gli sta stretta la condizione di prigioniero. Marco Polo, invece, è indifferente, totalmente apatico nella sua analoga condizione di detenuto: un uomo che nella vita si è spinto più lontano di chiunque altro, non è turbato più di tanto dalla prigionia. E racconta, senza particolare trasporto, senza enfasi, ma come cronaca, il suo viaggio straordinario. Rustichello da Pisa intravvede nel racconto la possibilità di un suo riscatto, se non altro intellettuale: poter far vedere al mondo chi è e quanto è bravo a scrivere, a narrare. Chi leggerà questo romanzo si scordi di trovarvi stralci de Il Milione, o belle descrizioni dei viaggi di Marco Polo: perché tutto è mediato da Rustichello, ogni episodio è appena accennato e solo in quanto ha suscitato qualche riflessione nello scriba.
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Un grazie a Marina, autore dell’articolo
rustichello da pisa merita piu’ attenzione dalla cultura italiana ,è il preculsore del romanzo italiano .